Test #0/4 - Al contadino non far mai sapere che ha diritti da far valere...
La chiamano "Bauernkrieg" o “Guerra dei contadini tedeschi”: è stata la sanguinosa rivolta che, giusto 500 anni fa, mise sottosopra la Germania. Che ora si fa in quattro per celebrarla
Benvenuti a “È la Storia Bellezza”, la newsletter settimanale che prova (rigorosamente senza l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale) a guardare al rapporto tra attualità e Storia, offrendo notizie e riflessioni prese dalla stampa di tutto il mondo. Lo spunto per questa quarta newsletter “di rodaggio” arriva dalla Germania dove sono in programma varie celebrazioni per ricordare una clamorosa rivolta contadina, poco nota in Italia, ma che ha lasciato segni profondi nella storia tedesca ed europea. Anche per il ruolo giocato da Lutero e dalla nascente Riforma protestante. Buona lettura
Chi, in Germania e fuori, mostra – più o meno a ragione – preoccupazione per l’ascesa del partito tedesco di destra Alternative für Deutschland, l’Afd, che interpreta il crescente malcontento di vasti strati della popolazione, dovrebbe pensare che, sempre da quelle parti, in passato le cose sono andate molto peggio. E quando accenno al passato non mi riferisco all’abusato e forzato parallelo (tanto caro ai media, un po’ meno alla logica…) tra Nazismo e Afd quanto ad un fenomeno che proprio la Germania si appresta a ricordare già dalla prossima settimana fino a tutto agosto. Siamo infatti, proprio in questi giorni, nel pieno anniversario di quanto accadde giusto 500 anni fa: gli storici la chiamano Bauernkrieg o “Guerra dei contadini tedeschi”, ma per la gente di allora è stato semplicemente Il Tumulto (Aufruhr). Invece oggi per storici, editori, amministratori locali, rievocatori storici e appassionati è l’occasione per ricordare – e rievocare con ambiziose produzioni teatrali (come 1525 – Bauernkrieg in scena da metà giugno a metà agosto) una ribellione senza precedenti che tra il 1524 e il 1525 travolse buona parte della Germania meridionale e centrale, causando decine di migliaia di morti, distruzioni e saccheggi, enormi frizioni sociali, religiose e politiche, danni economici. Secondo gli storici non è possibile rintracciare un evento precedente paragonabile al Bauernkrieg in Europa mentre per trovare qualcosa di analogo successivamente bisogna spingersi avanti di oltre 250 anni e spostarsi nella Francia del 1789, la Francia della Rivoluzione francese con la sua esplosione incontenibile di rabbia popolare. Ma il parallelo tra Bauernkrieg e Rivoluzione Francese non si risolve nella dimensione temporale.
I Dodici articoli di Memmingen
Memmingen è oggi una cittadina bavarese al confine con il Baden-Württemberg: confini sconosciuti all’epoca quando Memmingen era un importante centro della Svevia, una regione oggi “ridotta” a “distretto governativo” della Baviera. E’ qui che, il 20 marzo 1525 venne redatto e diffuso un documento tanto importante quanto poco noto, una vera e propria anticipazione dei principi universali messi nero su bianco molto tempo dopo nella Dichiarazione di indipendenza americana (1776) e poi nella francese Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789). All'inizio di marzo del 1525, tre gruppi di contadini (ma ben presto si unirono a loro anche piccoli artigiani e proletari delle città), che da qualche mese stavano sconvolgendo tutta la Germania meridionale con le loro rivolte, si riunirono proprio a Memmingen per formare la Confederazione dell'Alta Svevia e annunciare i cosiddetti Dodici Articoli, di fatto il primo documento scritto sui diritti umani e sulle libertà civili in Europa. Rileggere le richieste dei “ribelli” rende perfettamente l’idea di quali fossero le condizioni di vita all’epoca per chi non era un nobile, un mercante o magari un monaco. Condizioni che, per paradosso, in quel periodo non erano state aggravate da carestie, guerre o epidemie ma erano, si può dire, endemiche anche se non facilmente tollerabili. E così, a partire dal 1524, in alcune parti dell'Impero tedesco iniziarono a verificarsi rivolte di contadini contro i loro padroni. I disordini si stendevano dall'area dell'attuale Baden-Württemberg e della Baviera fino alla Turingia, all'Austria e alla Svizzera. Cosa aveva trasformato tanti focolai diversi in una ribellione su vasta scala?
La storica australiana Lyndal Roper, docente a Oxford, specialista in storia tedesca e autrice di un recentissimo e voluminoso libro sulla Bauernkrieg (Summer of Fire and Blood: The German Peasants’ War, Basic Books, New York, 2025, pp. 544) ha osservato che non è facile individuare una causa singola per la “Guerra dei contadini”. Ad esempio, non fu una risposta disperata all'immiserimento: negli anni precedenti, i raccolti erano stati buoni e le condizioni economiche stavano migliorando. Non abbastanza però per attenuare la rabbia per il peso del sistema della servitù della gleba che comportava per i contadini incredibili vessazioni: tasse sul matrimonio; l’obbligo di consegnare al signore il proprio miglior bue oppure la migliore veste di un defunto; il pagamento di decime a monasteri ricchi e negligenti; restrizioni all’accesso ai boschi e ai corsi d'acqua; la costrizione all’uso dei mulini e dei forni dei propri padroni ai quali, non di rado, si doveva fornire anche la carne per sfamare i cani da caccia. Si chiedeva ora un cambio di rotta per rendere la vita degli umili più dignitosa: abolizione della servitù della gleba e dei privilegi di caccia per la nobiltà, nuove regole per il pagamento degli affitti, stop alle tasse arbitrarie, limitazioni di diritti e privilegi di signori e monasteri per una accettabile convivenza con nobiltà e clero. Infatti, nel mirino dei ribelli non c’erano solo gli aristocratici attaccati ai loro privilegi feudali …
La “variabile Lutero”
Le lamentele dei contadini non erano una novità. Ciò che le trasformò in mix esplosivo, tale da scatenare nel 1524 una vera e propria rivoluzione sociale e politica, fu la consapevolezza, recentemente acquisita, che la signoria oppressiva fosse contraria alla legge di Dio. Gli storici hanno da tempo riconosciuto una connessione tra la guerra dei contadini e il movimento religioso avviato dall’ex monaco agostiniano Martin Lutero che aveva annunciato le sue famose 95 tesi nel 1517, solo sette anni prima lo scoppio della rivolta. Nel giro di poco si era arrivati allo scisma vero e proprio dalla Chiesa di Roma con tutto il carico di risentimenti e polemiche che ha attraversato i secoli ma che ebbe effetti praticamente immediati. La virulenza con cui Lutero e altri predicatori evangelici avevano attaccato il monachesimo contribuì infatti a “desacralizzare”, agli occhi della popolazione rurale, l’ordine religioso costituito. Monasteri e conventi divennero così un particolare obiettivo di risentimento: ben oltre cinquecento furono quelli attaccati nel corso della guerra e le provviste saccheggiate dalle case religiose contribuirono a mantenere le forze ribelli sul campo.
La predicazione di Lutero aveva instillato, soprattutto nelle popolazioni rurali, il concetto della “libertà del cristiano": «Il cristiano è signore di tutte le cose e non è soggetto a nessuno». Da qui gli insorti traevano legittimità per le loro azioni al punto di dichiarare a Memmingen che qualora si fosse dimostrato che le alcune delle loro richieste erano in conflitto con le Sacre Scritture erano pronti a rinunciarvi. Secondo la Roper, il convincimento dei ribelli di essere vittime di grandi ingiustizie si era fuso con una “visione teologica”: affermavano il loro diritto a godere dei doni della creazione di Dio e rifiutavano la servitù della gleba perché incompatibile con il sacrificio di Gesù Cristo sulla Croce: il Figlio di Dio si era sacrificato per tutti, non solo per nobili e abati. Concetti del resto proclamati a gran voce da molti predicatori ed ecclesiastici che si erano uniti alla sommossa: tra questi Thomas Müntzer, un sacerdote molto critico verso le gerarchie cattoliche con tesi non lontane da quelle di Lutero con il quale però non andò mai d’accordo. Anzi, la “Guerra dei contadini”, come vedremo, li divise ulteriormente. Alla vigilia della rivolta, Müntzer aveva scritto: «Guarda, i signori e i prìncipi sono l'origine di ogni usura, d’ogni ladrocinio e rapina; essi si appropriano di tutte le creature: dei pesci dell’acqua, degli uccelli dell'aria, degli alberi della terra. E poi fanno divulgare tra i poveri il comandamento di Dio: "Non rubare". Ma questo non vale per loro. Riducono in miseria tutti gli uomini, pelano e scorticano contadini e artigiani e ogni essere vivente; ma per costoro, alla più piccola mancanza, c’è la forca».
Con tutte le ragioni, con nessun alleato
I ribelli, pur avendo dalla loro tutte le ragioni, si ritrovarono isolati ben presto. Anche grazie ai modi brutali con cui portarono avanti la lotta fin dall’inizio. Tra i primi a sconfessarli ci fu proprio Lutero che, ritenendo Müntzer responsabile principale della clamorosa rivolta, arrivò ad esortare i principi a reprimere i ribelli senza pietà anche se inizialmente aveva mostrato una certa comprensione per i contadini. Lutero, in generale non amava le rivolte perché temeva che potessero danneggiare la nascente Riforma protestante. Tuttavia, letti i Dodici Articoli di Memmingen, scrisse una lettera ai rappresentanti della nobiltà, riconoscendo la legittimità delle richieste: «Loro hanno redatto dodici articoli, alcuni dei quali sono così giusti che vi arrecano vergogna davanti a Dio e al mondo. […] A lungo andare, è insopportabile tassare e sfruttare persone in questo modo». A cambiare definitivamente le cose e il clima – non solo agli occhi di Lutero – ci fu un episodio preciso: meno di un mese dopo l'annuncio dei Dodici Articoli, si verificò il cosiddetto massacro di Weinsberg. La domenica di Pasqua, il 16 aprile 1525, i contadini uccisero in modo particolarmente efferato il conte Ludwig von Helfenstein e il suo seguito. L’eccidio ebbe numerose conseguenze, tutte esiziali per gli insorti. Lutero, indignato per l’assassinio di von Helfenstein e dei suoi cavalieri, scrisse di getto il trattato Contro le bande ladre e assassine dei contadini dove invocava la repressione senza pietà dei ribelli: «La potestà della terra (cioè i principi, lo Stato, ndr) che altro non è se non lo strumento dell’ira del Signore contro i malvagi, vero e proprio predecessore dell’inferno e della morte eterna, non deve essere misericordiosa, ma severa, implacabile, adirata nel suo ufficio e nell’opera sua… Pertanto, come già scrissi più volte, dico di nuovo: verso i contadini testardi, caparbi, e accecati, che non vogliono sentir ragione, nessuno abbia un po’ di compassione, ma percuota, ferisca, sgozzi, uccida come fossero cani arrabbiati...».
Arriva la disfatta sul campo
Il massacro di Weinsberg ha segnato un punto di non ritorno da tutti i punti di vista. Il momentaneo prevalere dell’ala radicale dei ribelli non aveva solo scatenato la rabbia di Lutero ma anche quella, ben più temibile, del potere costituito ad ogni livello. Come spesso accade, si erano inizialmente affrontate, almeno dal punto di vista politico e militare, due debolezze: solo che una (quella dei nobili) era contingente mentre l’altra (quella dei contadini) era strutturale. Perché le forze in campo assumessero le loro reali dimensioni ci volle qualche mese ma poi gli eventi iniziarono a correre velocemente e i nodi, politici e militari, vennero al pettine. Inizialmente, il fatto che i contadini riuscissero a impossessarsi di vaste aree era dovuto alla debolezza dei loro oppositori riuniti nella Lega Sveva, un’alleanza più politica che militare perché non aveva molti soldati da schierare. Questo spiega l’iniziale disponibilità a negoziare con gli insorti. Ma nei primi mesi del 1525 l’aria iniziò a cambiare anche se, sull’onda di successi come l’emanazione dei Dodici articoli o il massacro di Weinsberg, i capi della rivolta non potevano accorgersene. Il cambio di passo arrivò con la vittoria di Carlo V a Pavia contro il re di Francia Francesco I il 24 febbraio 1525: molti mercenari che avevano combattuto con l’imperatore erano ora disponibili e vennero subito arruolati dalla Lega Sveva che mise rapidamente insieme un esercito di 9.000 soldati e 1.500 cavalieri agli ordini del condottiero Georg von Walburg-Zeil che iniziò subito la sua campagna facilitato dalla debolezza strutturale del campo avversario: l’assenza di una guida comune oltre che di una base militare accettabile. Von Walburg-Zeil adottò così la ovvia strategia di affrontare i gruppi di ribelli uno dopo l'altro. Le truppe della Lega Sveva erano numericamente molto inferiori a quelle dei contadini ma sia i cavalieri che i mercenari erano esperti in battaglia, avevano buone armi, tra cui archibugi e pistole leggere, ed erano abituati a eseguire manovre tattiche.
La battaglia di Böblingen (12 maggio 1525) e quella di Frankenhausen di due giorni dopo sono ricordate come dei veri e propri massacri a senso unico. A Böblingen bastarono diverse salve di armi da fuoco per disperdere i contadini che vennero inseguiti e massacrati dai mercenari e dai cavalieri. Le stime sul numero delle vittime variano tra 2.000 e 9.000. «Da parte nostra (grazie a Dio) non abbiamo subito molte perdite e la nostra vittoria è così completa che non dobbiamo più aspettarci alcuna resistenza in questa zona» scrisse von Walburg-Zeil che accusò, in tutto, la perdita di 25 cavalieri e 15 fanti. A Frankenhausen, in Turingia, le cose non andarono meglio per i contadini: un esercito guidato dai principi d'Assia, Sassonia e di Brunswick fece strage di contadini ai quali si era aggiunto Thomas Müntzer il quale, catturato a sua volta, verrà torturato e decapitato il 27 maggio successivo. Una fine non dissimile a quella, forse anche più atroce, di altri capi rivoltosi: sconfitto a Böblingen, il leader ribelle Jäcklein Rohrbach fu legato e bruciato lentamente per ordine di von Walburg-Zeil. Che, per non smentirsi, visto che tra i prigionieri c'era anche il suonatore di cornamusa Melchior Nonnenmacher, che aveva fornito l'accompagnamento musicale durante il massacro di Weinsberg, lo fece incatenare a un albero e lo fece arrostire vivo. Scene che si sarebbero ripetute anche nelle settimane successive in occasione dei vari rovesci subiti dalle bande di contadini. Entro settembre 1525 tutte le rivolte erano state soffocate nel sangue. Lo storico Heinz Schilling ha osservato che la reazione degli eserciti dei principi tedeschi fu cento volte superiore ad ogni azione sanguinosa dei contadini. Una violenza spropositata che ebbe varie conseguenze oltre all’indubbio risultato di stroncare, per secoli, una possibile nuova rivolta.
Bilanci amari. Ma un po’ anche no
Alla fine, i ribelli furono sconfitti in modo completo dai loro padroni, i principi tedeschi e i signori ecclesiastici; fino a centomila contadini potrebbero essere stati uccisi in una serie di battaglie a senso unico e durante la spietata rappresaglia che ne seguì. La morte di migliaia di contadini incise negativamente sull’economia delle regioni coinvolte dalla rivolta e la mancanza di manodopera si fece sentire nei campi per almeno due generazioni. Le istanze che aveva causato la ribellione dovettero attendere più di due secoli per essere nuovamente messe sul tavolo e ancora di più per essere risolte: infatti solo all'inizio del XIX secolo, la servitù della gleba venne definitivamente abolita in tutti i territori tedeschi. Tuttavia, secondo Lyndal Roper, la Bauernkrieg non è passata invano: in un certo senso, i ribelli non raggiunsero nessuno dei loro obiettivi; in un altro invece niente fu più lo stesso. A cominciare dalla Riforma luterana, nonostante la presa di distanza di Lutero stesso. Molti principi protestanti ebbero infatti campo libero nell’appropriarsi dei beni monastici, ad esempio. D’altro canto, la rivolta insegnò a Lutero e ai suoi a smussare certi toni “rivoluzionari” e ad assumere una linea più “conservatrice” e allineando, di fatto, le emergenti chiese luterane al potere politico. Un aspetto non secondario che forse aiuta a spiegare come in Germania non ci siano state più rivolte contadine nonostante i motivi della Bauernkrieg (e i possibili rimedi indicati nei Dodici punti) fossero rimasti tutti sul tappeto.
(la foto d’apertura è tratta dal sito Travel Richter)
Una frase
«Tempi duri danno vita a uomini forti, uomini forti danno vita a tempi facili, tempi facili danno vita a uomini deboli, uomini deboli danno vita a tempi duri».
(Proverbio arabo)
Cose interessanti e/o curiose trovate in giro
Gaza divide gli storici Usa: il consiglio direttivo dell’AHA, l’associazione degli storici statunitensi, ha posto il veto alla risoluzione approvata a larga maggioranza (428 voti contro 88) dall’assemblea dei soci per condannare lo “scolasticidio” (la distruzione intenzionale di infrastrutture educative e archivistiche palestinesi) perpetrato da Israele nella striscia di Gaza.
Musei per stranieri: un recente studio ha evidenziato come i musei italiani sono visitati soprattutto da turisti stranieri che rappresentano in media 2 visitatori su 3. In testa americani, inglesi e spagnoli.
“Rinascita borbonica”: il Ministero della Cultura ha stanziato altri 27 milioni di euro (dopo i 30 milioni erogati lo scorso maggio) per il recupero del Real sito di Carditello (in provincia di Caserta), la reggia borbonica abbandonata al degrado da decenni.
Lo “studio dei Leoni”: Kenneth Turan ha pubblicato con la Yale University Press la doppia biografia dei due uomini che, come pochi altri, hanno forgiato mito e industria del cinema di Hollywood creando la Metro Goldwin Mayer: Louis B. Mayer and Irving Thalberg. The Whole Equation.
“Riabilitazioni”/ 1: La Chiesa canadese tira un sospiro di sollievo: infatti, il governo di Toronto ha deciso di sciogliere la commissione d’inchiesta sui presunti crimini commessi nelle “Scuole residenziali” istituite a fine ‘800 per “rieducare” le popolazioni autoctone e affidate al clero cattolico.
“Riabilitazioni” / 2: Un nuovo studio contesta l’ipotesi che il 536 d.C. sia stato l’anno peggiore della storia in virtù di guerre, pestilenze e cambiamenti climatici. In realtà condizioni simili si sono ripresentate varie volte nei secoli, condizionando lo stile di vita di ampie zone ma senza compromettere mai davvero gli equilibri globali. Tenendo presenti le solite variabili, non meno del 536 sarebbero stati anni orribili, tra gli altri, anche il 1347, il 1351, il 1816 e il 1916…
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